#7

 Sono intelligenti… sono bellissime… e lavorano per me.

di Sergio Gambitt20

 

0.

Adunata.

 

I raggi del Sole entravano a strisce attraverso le tapparelle semi-aperte delle larghe finestre, accendendo di un caldo rosso le pareti su cui si posavano placidi. Il resto della stanza sprofondava in diverse tonalità di ombre, adagiate pacatamente su candide pareti e morbidi divani. Su uno di questi stava seduta la prima donna, dai corti capelli corvini, le gambe accavallate e le braccia distese in maniera disinvolta sopra lo schienale. La seconda donna invece era poggiata sull’orlo di una sedia metallica, le ginocchia strette l’una all’altra e le dita a tormentare nervosamente i biondi capelli. La terza era in piedi, le lunghe gambe brune percorrendo la stanza da un capo all’altro, vittime di una impazienza che l’espressione del viso amplificava. Erano state chiamate, erano state sistemate in quella stanza, e lì erano state dimenticate. C’erano stati un paio di tentativi di fare discussione, ma erano morti sul nascere, stroncati da una diffidenza di fondo che almeno due di loro avevano sviluppato in seguito ad anni e anni di rischio e pericolo. E così il disagio regnava sovrano in quella stanza, e ogni minuto di attesa era diventato un’ora. Se solo non avesse fatto così caldo…

“Direi che sarebbe anche ora che conosciate il motivo per cui siete state invitate, no?”

Voce maschile, sconosciuta, proveniente da un luogo non ben identificato.

Le reazione sono molteplici.

Per la prima donna è minima. Ad uno sguardo superficiale potrebbe sembrare essere rimasta nella stessa posizione di prima, ma osservando meglio si noterebbe il sopracciglio inarcato e l’occhio sottostante che, subito dopo aver sentito la voce, è volato a fare una veloce panoramica della stanza, cercando di individuarne senza risultato la provenienza.

Per la seconda è un po’ più brusca. Quella voce improvvisa, sommata alla tensione accumulata durante la permanenza nella stanza, l’ha semplicemente fatta saltare in aria, facendola sentire immediatamente un’idiota nei confronti delle altre due.

Non che a loro la sua reazione interessi particolarmente…

E’ la terza a girare di scatto la testa e formulare un impulsivo e alquanto autoritario:

“Chi sei?”

“Avrete tutte le risposte che cercate fra pochi istanti. Per il momento abbiate un altro attimo di pazienza e seguite Romany, vi porterà da me”

“Rom…?” fa per dire la donna di colore, quando la porta da cui sono entrate si apre e introduce nella stanza una quarta donna. Alta, morbidi riccioli castani sulle spalle e grossi occhiali sopra occhi color nocciola. Indossa una larga camicia marrone di foggia indiana, su stretti blu jeans terminanti dentro massicci stivali scuri da cowboy.

“Salve ragazze” esordisce con un largo sorriso “Volete seguirmi?”

“Ma chi…?” fa per dire la donna di colore, quando viene garbatamente interrotta dalla nuova arrivata.

“Lo scoprirete fra qualche minuto… Se per il momento volete essere così gentili da venire da questa parte…” e indica il corridoio alle sue spalle.

La donna di colore si volta verso le altre due. Gli occhi della bionda ricambiano nervosamente lo sguardo, e si vanno a posare su quelli della donna seduta sul divano. Questa abbozza un sorriso e alzandosi in un unico movimento aggraziato ma nello stesso tempo deciso dice:

“Va bene, andiamo a scoprire chi è questo uomo del mistero.”

“Da questa parte.” replica Romany incamminandosi nel lungo corridoio alle sue spalle, un caldo sorriso sulle sue labbra. Le altre tre restano ferme qualche istante, poi è la donna dai corti capelli corvini a seguirla per prima. Dietro di lei la donna di colore. Chiude il corteo la bionda, evidentemente a disagio. Dopo tre minuti tra porte e corridoi vari, le quattro arrivano davanti una doppia porta. Le mani di Romany afferrano entrambi i pomelli, e con un gesto teatrale la ragazza apre contemporaneamente le due ante, introducendo le altre tre in un grande studio alle cui pareti fanno bella mostra di sé larghi scaffali pieni di libri e quadri e trofei di caccia. In fondo, una scrivania di radica nera, con moderne rifiniture in platino. Dietro di essa una poltrona, girata nella direzione opposta alla porta d’ingresso, ma comunque occupata da qualcuno del quale l’unica parte visibile è un gomito poggiato su un bracciolo, la cui mano regge una sigaretta accesa. Romany oltrepassa spedita la scrivania e senza fare complimenti si siede sul bracciolo libero della poltrona. Le altre tre restano un attimo colpite dall’imponenza dello studio, ma è la donna dai capelli corvini la prima a parlare.

“Tutta questa scena era proprio necessaria oppure è lei ad avere uno spiccato gusto per il melodramma?”

“Oh,” risponde Romany guardando il volto coperto dalla poltrona dell’uomo seduto su di essa “Petey sa essere tremendamente melodrammatico, a volte” e la poltrona gira su sé stessa rivelando un uomo sulla trentina, dai capelli lisci castani e in un gessato nero di Armani con tanto di cravatta e portasigarette d’oro.

“Lieto di vedervi tutte qui, signore. Mi rendo conto che con il poco preavviso che vi ho dato per alcune di voi non deve essere stato facile”

“Chi…?” fa per dire la donna di colore, quando quella dai capelli corvini la interrompe.

“Pete Wisdom. Mutante. Ex agente dei Servizi Segreti Britannici, ex O.S.A., ex Black Air, ex membro del team inglese Excalibur, ora cane sciolto che ogni tanto ficca il naso in questioni che non dovrebbero essere approfondite. Dimentico qualcosa?”

“Solo che preparo un caffè che voi americani potete solo sognare”

“Scusate se vi interrompo…” interviene la ragazza bionda ancora a disagio “ma potremmo finalmente sapere cosa ci facciamo qui?”

“La voce della ragione…” commenta Romany portando gli occhi su Pete, che risponde allo sguardo annuendo. La ragazza si alza e gira il moderno monitor ultrapiatto di un PC in direzione delle tre ragazze. Quindi preme un pulsante da una tastiera e sul monitor compare l’immagine di una piccola isola dalla selvaggia e rigogliosa flora.

“Questa è l’isola Bosley, a venti miglia Ovest da Madripoor. Un puntino sull’Oceano Indiano. Sulle cartine non compare neanche, sia per le piccole dimensioni che per intercessione del suo influente proprietario, ovvero…” e l’immagine cambia mostrando un affascinante uomo asiatico dai lunghi capelli neri “…Shinobi Shaw, ex capo della sezione americana del Club Infernale. Da un mese a questa parte il simpatico bastardo ha cominciato a mandare sottobanco a uomini chiave dei vari governi mondiali degli inviti riguardo una festa che si terrà sull’isola fra una settimana, specificando chiaramente che a fine serata renderà noto qualcosa di sicuro interesse per risolvere una volta per tutte il problema mutante. Nessuno sa ancora di cosa si tratta, ma il nome Shinobi Shaw è bastato a molti di questi funzionari per accettare l’invito. Ed a me per preoccuparmi. Ho mandato una prima task force a fare un sopralluogo, ma è da cinque giorni che non ricevo più loro notizie. Quindi ho deciso di cambiare metodo. Ed ho pensato a voi tre. Dovreste infiltrarvi al ricevimento, scoprire cosa bolle in pentola e se è il caso mandare tutto all’aria. Cosa ne pensate?”

“Una sola domanda: perché noi?” chiede con un fondo di diffidenza la donna di colore.

“Ottima domanda, dolcezza. Innanzitutto siete tutte donne d’azione, avete visto nelle vostre vite più di quanto le persone comuni riescono a vederne in tre. Inoltre avete tutte legami con mutanti, senza essere mutanti voi stesse, il che vi porta non solo a non nutrire alcun pregiudizio verso questa minoranza, ma anche a non poter essere rilevate dagli allarmi genetici di cui villa Shaw è piena. Fatta questa premessa vi illustrerò i motivi che mi hanno spinto a scegliervi una per una. Comincerò proprio da te.” e con un cenno indica a Romany di cambiare la schermata del PC, su cui compare un dettagliatissimo dossier sulla donna con tanto di foto “Charlotte Jones, nata nel Bronx 26 anni fa ed entrata nella polizia di New York alla tenera età di 19 anni. Partendo da agente semplice è salita di grado ad una velocità impressionante, arrivando ad essere una delle più giovani detective di New York. Tutto questo grazie ad una grinta che pochi altri posseggono, la quale ha affascinato anche il ricco Warren Worthington III, ricco industriale e membro a tempo perso degli X Men, con cui la qui presente Charlotte ha avuto una intensa storia d’amore. Era come essere la Cenerentola del Bronx, vero?”

“Vai al punto” dice brusca Charlotte. Pete fa un altro cenno a Romany e sullo schermo compare un’altra scheda, di una donna di colore dagli alti zigomi e dai lunghi capelli ricci che le arrivano fino alle spalle, vagamente somigliante a Charlotte.

“Questa invece è Cameron Marana, neoministro degli Esteri dello stato del Wakanda. Come puoi notare le somigli molto. E dal momento che il caro ministro è una dei pochi ad essere stati invitati al ricevimento pensavo sarebbe stato facile rapirla e farti sostituire a lei in modo da avere un infiltrato che possa muoversi più o meno liberamente senza destare sospetto. E la tua rapida escalation tra i gradi della polizia dimostra che sei la persona giusta per una missione di questo genere.”

Charlotte non raccoglie il complimento, quindi Pete si rivolge alla donna bionda mentre sullo schermo compare la sua scheda.

“E ora veniamo a te. Lee Forrester, proprietaria del battello Arcadia ed ex amante sia dell’x man Scott Summers, alias Ciclope, sia del temibile, e qui ti devo rendere sicuramente merito, Magneto. Ascolta, Lee,” Pete si avvicina a lei e le prende tra le dita una mano “quello che mi serve da te è non solo il tuo sangue freddo, non solo il tuo coraggio, ma anche la tua capacità innata di placare gli animi di chi hai intorno semplicemente con la tua presenza. E…ehm…anche il tuo battello…”

“Con lo sfoggio di lusso con cui ci hai accolte non si direbbe che tu hai bisogno di qualcosa con così poca classe come un battello…” osserva ironica la donna dai cortissimi capelli corvini.

“Oh ma tutto questo…” risponde Wisdom con tranquillità “…non è mica mio. Il dirigente dell’azienda assicurativa che occupava questo posto ha pensato bene di scappare con i soldi restanti prima di dichiarare fallimento, e così da un giorno all’altro tutto questo è finito sotto sequestro dalla polizia federale[1]. A dire il vero è da quando ho lasciato Excalibur che non navigo esattamente in buone acque, ma proprio lei dovrebbe sapere com’è la vita da spie, non è vero miss Drew?” e sul monitor compare la sua scheda “Jessica Drew, prima Donna Ragno e in seguito alla perdita dei poteri detective nella patria del crimine conosciuta come Madripoor. Ho pensato a te non solo per il tuo legame con Logan, ma anche per la tua abilità in materia di indagini e per gli agganci che puoi avere a Madripoor. Inoltre la tua fama di avventuriera e amante del rischio è leggendaria, non vorrai cominciare a tirarti indietro proprio adesso, no?”

Jessica si volta verso le altre due, poi, appoggiandosi alla scrivania e sporgendosi in avanti in modo tale da amplificare la già generosa scollatura della leggera camicia nera, con un sorriso malizioso sulle labbra, risponde:

“Un’ultima cosa… perché siamo tutte ragazze?”

Pete Wisdom si appoggia allo schienale della poltrona portando entrambe le mani dietro la testa, e con un largo sorriso sulla bocca replica:

“Avete mai visto Charlie’s Angels?”

 

Di là.

JESSICA: Allora, cosa pensate di fare?

CHARLOTTE: Non so voi ma fare la galoppina per un potenziale porco maschilista non è proprio una delle aspirazioni della mia vita…

LEE: Ma se quel che ha detto è vero riguardo il pericolo per i mutanti non possiamo non fare niente!

C.: E tu gli credi?

L.: Io… sì penso di potermi fidare di lui.

C.: Ingenua.

J.: No, forse ha ragione. Conosco la fama di Pete Wisdom. Forse non avrà un passato di cui vantarsi, ma ha fatto tanto per ripulire il suo nome negli ultimi anni. Anche io mi fido di lui.

C.: Volete dire che accetterete la missione?

L.: Penso di sì. Non riuscirei a dormire la notte con la consapevolezza di aver ignorato una richiesta di aiuto di questo genere…

J.: E tu Charlotte? Riusciresti a dormire?

C.: …

C.: E va bene, ma al primo segno che dimostri che Wisdom è solo un pervertito gli infilo il suo arnese nell’esofago. Non so voi ma non sopporto di sottostare agli ordini di un tipo che ci chiama “dolcezze”.

J.: Dolcezze sì, ma letali.

L.: Lethal… honey?

Le tre ragazze si guardano in viso per un secondo, poi, tutte assieme: Naaaaaa, troppo stupido come nome!

 

Di qua.

ROMANY: Pensi che accetteranno?

PETE: Perché non dovrebbero?

R.: Perché loro, a differenza di te, hanno delle vite al di fuori del lavoro.

P.: …

P.: Sei in quel periodo un po’ così…?

R.: No. Semplicemente mi preoccupo per te. Da quando sei stato lasciato da quella ragazzina[2] non hai fatto altro che occuparti di missioni su missioni, senza un attimo di tregua.

P.: Sto benissimo, Rom. La vita è migliore quando non hai femmine petulanti tra i piedi.

R.: Deve essere per questo che hai arruolato solo ragazze…

P.: No, questa è stata una scelta tattica. A parte il fatto che un’alta percentuale di estrogeno nel sangue vi rende molto più manipolabili, c’è anche da considerare che a parità di bravura in campo spionistico è sempre preferibile usare agenti donna piuttosto che uomini. Sai com’è… a volte un paio di tette aprono più porte di un passepartout universale.

R.: …

R.: Sei un bastardo.

P.: Sono tuo fratello, cara.

 

Le ante della porta dell’ufficio si aprono si scatto. Sull’uscio, le tre ragazze. Jessica Drew si trova al centro, una corta camicia nera poggiata  languidamente sulle spalle e annodata alla vita sopra attillati jeans neri. Alla sua destra Lee Forrester, in un maglioncino a collo largo color sabbia su una corta gonna di jeans che le risalta le forme. Dall’altro lato Charlotte Jones, vestita con un completo grigio da ufficio con tanto di minigonna ridotta all’osso su lunghe e snelle gambe bronzee. A parlare è solo Jessica.

“Va bene, accettiamo”

Un largo sorriso si apre sulle labbra di Pete.

“Si parte”

 

1.

Operazione: Come gocce d’acqua.

 

Madripoor è una contraddizione vivente. Un’isola in cui non esistono differenze, e le categorie più estreme vivono a diretto contatto l’una con l’altra. Un posto in cui criminali di bassa lega fanno conquiste tra ragazze dell’alta società, in cui miliardari e senzatetto si trovano a bere allo stesso bar. Per questo qui, a differenza di qualsiasi altro posto sulla faccia della Terra, una Limousine bianca che cammina tra gli angusti vicoli dei bassifondi non stupisce nessuno. Al massimo, doversi muovere in strade così strette con un mezzo così ingombrante può rendere la vita difficile all’autista. Ed esasperare il passeggero. O meglio, la passeggera.

“Ma insomma, manca ancora molto all’hotel Excelsior?!”

Donna. Di colore. Alti zigomi e lunghi capelli ricci. Ai suoi lati due energumeni di colore con spessi occhiali scuri sugli occhi.

“Una decina di minuti ancora, signora.” risponde l’autista guardando nello specchietto retrovisore.

“Si rilassi.” Uomo. Bianco. Corti baffetti e smoking bianco. Seduto davanti alla donna. “Un ministro non dovrebbe essere così impaziente. Specie quando sta per andare clandestinamente al ricevimento di un aristocratico dalla fedina poco pulita mentre tutti la credono nel suo Stato…”

“Non mi ricordo di averla assunta per i suoi preziosi consigli, mr. Hunter.”

“E dovrebbe imparare anche a dare ascolto agli altri, non sa quanto gioverebbe alla sua carriera.”

“Credo di poter cavarmela benissimo anche da…”

Uno sparo. Poi un’ombra, sbucata fuori dal nulla, che prende in pieno il cofano dell’auto e si schianta contro il vetro (antiproiettili, siamo pur sempre a Madripoor…). Quindi la figura si rialza barcollante e riprende a correre in direzione di un vicolo.

“Ferma!” si sente gridare. Un altro sparo. La limousine tentenna per un attimo, poi comincia ad inclinarsi da un lato mentre nell’aria si sente un sibilo costante.

“<Merda…>” impreca l’autista, che si vede sfrecciare davanti un’altra figura, pistola alla mano, che imbocca il vicolo altrettanto velocemente. Quindi fa per aprire la portiera, quando una leggera ma decisa stretta sulla spalla lo blocca.

“Aspetta,” sussurra l’uomo vestito di bianco al suo orecchio “vado a controllare cosa succede.” poi, con uno sciolto wakandiano all’indirizzo degli altri due uomini di colore “<Badate a lei>” e si scaraventa fuori dall’auto.

 

Sopra.

Con dei moderni binocoli un uomo ha assistito a tutta la scena dall’alto di uno dei palazzi che sovrastano il vicolo. Con le labbra strette attorno ad una sigaretta accesa pronuncia tra sé e sé: “Si dia inizio allo show.”

Quindi dalle dita delle sue mani fuoriescono delle lame incandescenti che indirizza verso un pannello solare accanto a lui e un altro sul palazzo di fronte, entrambi puntati sulla limousine.

 

Dentro.

“Allora, qual è il problema?”

“La ruota, signora, il proiettile l’ha presa in pieno. Ci vorrà un po’ per sostituirla…” risponde l’autista alla stizzita donna seduta fra i due bronzi di Riace.

“Ah, perfetto!” impreca lei sprofondando nello schienale. Si trova a Madripoor da nemmeno un’ora, e già odia questa isola. Odia il suo aeroporto, odia la società che le ha noleggiato la limousine, odia i suoi vicoli, odia la sua gente. E odia questo dannato caldo che sta raggiungendo livelli esasperanti nonostante l’impianto di refrigerazione giri ai massimi livelli. L’auto… l’auto sta diventando un forno, e lei è la portata principale…

“Autista!” grida sporgendosi un minimo dal finestrino, attentamente sorvegliata dalle body guard “C’è un posto in cui possa rinfrescarmi qui vicino?”

“C’è un bar dietro l’angolo… Può fare con comodo se deve darsi una rinfrescata, qui perderò ancora qualche minuto”

“Andiamo!” ordina ai due uomini, che senza proferire parola scendono dall’auto e, con molta circospezione, la scortano fino all’angolo, girato il quale si trovano davanti ad un locale, la cui insegna luminosa  recita: “Princess Bar”. La donna sbuffa ed entra dentro. Al bancone, una ragazza dai capelli castani e dagli occhi coperti da due spesse lenti, che sta asciugando dei bicchieri.

“Mi scusi…” comincia la donna in un timido inglese “Il bagno?”

Senza aprire bocca, la ragazza le indica una porticina oltre il bancone. La donna ringrazia e si avvicina alla porta, quindi la scosta quel tanto che basta per vedere cosa si trova al suo interno. Un lavandino e un water avvolti dall’oscurità. E a giudicare dallo stato del pavimento non è proprio tanto sicura di voler accendere la luce…

 

Fuori.

Dal momento in cui è uscito dalla limousine, Hunter ha cominciato a cambiare. La stessa aria attorno a sé è iniziata a cambiare. Si è addensata, facendosi più lattiginosa e densa, finché non si è posata sulla sua pelle ricoprendola di una tuta bianca dalla maschera vagamente somigliante ad una pantera stilizzata. Ai suoi piedi, delle suole di uno strano materiale, quasi vibrante, gli permettono di percorrere la strada che lo distanza dalla seconda ragazza in tempo record.

Il Lupo Bianco è a caccia.

In pochi balzi è su di lei. Artigli luminosi sfrecciano nell’aria in direzione della sua testa, ma anche lei è veloce e si scosta all’ultimo istante. L’unica cosa che colpiscono è il suo berretto, che vola nell’aria lasciandole scoperto il volto. Occhi di ghiaccio, capelli neri come la notte tagliati cortissimi, sorriso beffardo, la ragazza fa una piroetta all’indietro e sfidando l’uomo con gli occhi assume la posizione di difesa del loto. Hunter attacca con due rapidi pugni, parati dagli avambracci della ragazza che girandosi su sé stessa scaglia il taglio della mano verso la sua giugulare. Ma lui si abbassa repentinamente e unendo le dita nella mossa del giaguaro tenta di colpirla all’addome. A questo punto però sente della pressione sulle proprie scapole. Poggiando le mani sulla sua schiena, lei gli sta passando oltre con una capriola. Per questo si alza di scatto, nel tentativo di farle perdere l’equilibrio e di farla collidere contro il muro. La ragazza raggiunge sì il muro, ma all’ultimo momento si gira su sé stessa ponendosi perpendicolarmente ad esso. Quindi compie due passi sui mattoni screpolati, subito prima di saltare in direzione dell’avversario indirizzandogli un potente calcio volante, prontamente bloccato dalle forti braccia di Hunter, che la rigettano indietro. La ragazza torna verso il muro, e poggiando entrambi i piedi su di esso si dà un nuovo slancio per colpirlo, questa volta con i pugni. Gli occhi dei due si incrociano a mezz’aria. Entrambi sono esperti combattenti, entrambi sono sopravvissuti alle situazioni più estreme. Entrambi vogliono vincere, ma solo uno di essi lo farà. A meno che…

 

Dentro.

La donna entra nel bagno, spingendo quasi schifata il pulsante della luce. Evitando il più possibile di toccarlo, le sue dita vanno a girare il pomello dell’acqua fresca, che comincia a scrosciare nel lavello. I palmi delle mani, posti a coppa, raccolgono quanta più acqua possibile per poi portarla contro il viso. Quando riapre gli occhi dietro di lei c’è una sagoma. Non un volto sconosciuto. Anzi, il volto che conosce meglio al mondo. Perché è il suo.

Non ha nemmeno il tempo di gridare, perché la sua bocca viene occupata da una pezza umida, intrisa di qualcosa che le dà subito alla testa e la fa scivolare svenuta tra le braccia della sua sosia, che la sistema sul water chiudendo la porticina. Quindi preme un pulsante sull’orecchino e sussurra: “Scambio avvenuto”

 

Fuori.

Due parole vengono sussurrate all’interno dell’orecchio della ragazza che sta combattendo con Hunter. Solo due parole, ma bastano a cambiare tutto. Poco prima di raggiungerlo infatti lei si ribalta nell’aria e scansando i suoi pugni atterra alle sue spalle. Quindi esclama:

“Cavolo! Se avessi saputo subito che Natalie aveva un complice del tuo livello forse non avrei accettato il caso!”

“Cosa stai dicendo?” replica il Lupo Bianco, senza distogliere lo sguardo dalle sue mani.

“Natalie! La ragazza con cui hai rubato il diamante Charlie…no?!”

“Non so di cosa tu stia parlando”

“Vuoi vedere che… oh no!”

Il Lupo Bianco rimane immobile, sempre scrutando le sue mosse, finché la ragazza non continua:

“Vuoi dire che ci abbiamo dato dentro inutilmente?!”

Il Lupo Bianco continua a non parlare.

“E va bene…” dice la ragazza infilando una mano nel taschino interno della camicia. Il Lupo Bianco ha uno scatto, quando la ragazza rallenta ed esclama “Hey, hey calmo volevo solo prendere questo!” e tira fuori un tesserino con la sua foto, che mostra al suo avversario “Mi chiamo Drew Jessica, sono una detective. Ero stata assunta da un riccone per trovare la ragazza che lo aveva sedotto per rubargli i gioielli. Natalie Alexandra Dylan, ti dice niente questo nome?” il Lupo Bianco non risponde, limitandosi a confermare la validità del tesserino da detective di Jessica “E indovina un po’, la stavo quasi per beccare prima che tu ti intromettessi. Quindi ora cosa intendi fare per rimediare?!”

Il Lupo Bianco la fissa negli occhi, poi:

“Hai sparato all’auto della mia datrice di lavoro.”

“Miravo a Natalie…”

“Hai sparato alla sua auto.”

“Lo so, lo so, e mi dispiace di avervi coinvolti in questa faccenda. Facciamo una cosa, adesso andiamo ognuno per la propria strada e facciamo come se non fosse successo niente, ok?”

Gli occhi del Lupo Bianco la osservano nelle pupille con un’espressione per niente piacevole.

 

Sopra.

Sempre attraverso il binocolo, Pete Wisdom scruta il vicolo sottostante, in cui compaiono le due body guard assieme alla loro protetta. O a quella che loro credono essere la loro protetta. Pete sorride leggermente, poi si sposta ad osservare Hunter che da un altro vicolo sta raggiungendo la limousine bianca. Quindi vede tutti entrare nell’auto.

“Andiamo” tuona con un tono poco piacevole Hunter.

“Ai suoi ordini, signore” risponde, Lee Forrester, i cui occhi azzurri spiccano vivaci dietro la maschera in lattice con le fattezze dell’autista.

 

2.

Operazione: Passepartout universale.

 

Un corpo snello ed agile oscura per un istante l’abbagliante Sole di Madripoor, poi torna giù, di testa, verso l’acqua. Le onde sembrano quasi non essere scalfite quando Lee Forrester vi entra elegantemente. La sua sagoma scivola giù per almeno due metri, poi le gambe cominciano a muoversi a piccole falcate, finché il suo viso non riemerge con un’esplosione di scintille di raggi solari riflessi dai suoi biondi capelli. Le sue mani afferrano la scaletta di uno yacht. A guardarlo da vicino, si vedono ancora le imperfezioni di una riverniciatura rapida e non professionale, ma in fondo l’Arcadia deve sembrare uno yacht solo quel tanto che basta da convincere… la preda.

“Bella giornata, vero?!”

Ad aver parlato è un Pete Wisdom in occhiali da sole neri, lunghi bermuda colorati e camicia hawaiana aperta sul davanti.

“Già, ha proprio ragione!!”

L’interlocutore è un uomo sui 50 circa (anche se gliene si darebbe molti di più), corpo cosparso di peletti bianchi e pancia prorompente. I suoi occhi tuttavia non guardano Pete, ma la schiena (?) di Lee mentre risale la scaletta dello yacht (?).

“Come va, cara? Piaciuta la rinfrescata?”

Pete a Lee, la quale senza rispondergli entra dentro la cabina, visibilmente offesa.

“Ah!… ragazze!!” torna a dire Pete all’uomo “Pensi che si è offesa perché stasera voleva uscire e non posso portarla da nessuna parte!!”

In quel momento esce sul ponte di comando una Jessica Drew in bikini e pareo, con in mano due cocktail uno dei quali porge a Pete.

“Grazie cara…” le dice lui, poi di nuovo all’uomo “Sa se nei dintorni c’è qualche luogo interessante in cui andare?”

“Ci sarebbe un ricevimento su un’isola qui vicino…” risponde l’uomo, portando lo sguardo prima su Jessica e poi su un’altra ragazza che sta manovrando il timone, una Romany Wisdom vestita con una divisa da marinaio molto minimalista “Ma è per una ristretta cerchia di invitati, e temo che lei non sia sulla lista degli ospiti…”

“Non c’è modo per essere aggiunti a questa lista? Sa, quando Lucy fa l’offesa è capace di avere mal di testa per una settimana intera, se capisce cosa intendo…”

“Oh si che lo capisco, ma credo non ci sia modo per rimediare. Io stesso ho ricevuto l’invito in maniera del tutto riservata, e con tutto ciò posso solo portare un’altra persona con me.”

“Bhe… allora perché non porta Lucy?”

“Dice sul serio?”

“Sì certo. Sono sicuro che saprà divertirsi lo stesso anche senza di me, e poi io di certo stanotte non rimango solo” e allunga un’occhiata piena di significati prima a Romany e poi a Jessica, alla quale la sua mano dà una piccola pacca sul sedere. Jessica si tira su di scatto, poi fa un risolino e torna in cabina, mentre Lee raggiunge Pete.

“Allora, Lucy, che ne dici se il qui presente signor…?”

“Murray… William Murray”

“…se il signor Murray ti portasse ad una festa esclusiva stasera?”

Lee fa un piccolo risolino coprendosi la mano con la bocca, mentre l’occhiata che lancia all’uomo basta da sola per fargli aumentare in un colpo la sudorazione e il battito cardiaco.

“Bene, credo sia un sì. Ora vai a prepararti, Lucy, non fare aspettare oltre il signor Murray…”

 

Mezz’ora dopo.

Pete Wisdom, Jessica Drew e Romany Wisdom stanno guardando allontanarsi lo yacht privato di William Murray, con a bordo Lee Forrester.

“E anche questa è andata” dice Pete “Ora passiamo all’ultima parte del piano. Romany?”

La ragazza tira fuori un portatile e lo accende. Sullo schermo compaiono diverse foto di una villa su una rupe da varie angolazioni.

“Allora Jessica, questa è villa Shaw,” dice Pete indicandola “come vedi non ci sono altri accessi oltre a quello principale, dal momento che gli altri lati della villa danno sulla scogliera. I modi per entrare sono due. O dalla porta anteriore, con un bell’invito, come faranno Charlotte e Lee, oppure scalando la rupe. Te la senti?”

“Scalare è la mia specialità…”

“Lo so, lo so…”

“A proposito,” interviene Romany “volevamo ringraziarti per l’aiuto della tua socia a Madripoor. Le sue abilità di stuntman quando è andata a sbattere contro la limousine sono state impressionanti.”

“Già, perché non le proponevi di venirci a dare una mano? Un paio di braccia in più non fanno mai male…”

“Per ora Lindsay è impegnata con la sua bambina[3]… Non si può mica lasciare da sola una figlia di due anni ed andare a rischiare la vita in giro per il mondo. E visto che hai tirato in ballo le mani…”

Le dita di Jessica affondano tra le gambe di Pete, il quale sbianca immediatamente.

“Sai cosa stanno stringendo le mie dita…?” dice lei a due centimetri dal suo viso.

Pete annuisce.

“Bene. Se tieni a loro ti suggerisco di tenere a posto le mani la prossima volta. O potrei chiudere il pugno. Intesi?”

Pete annuisce di nuovo. Jessica lo guarda per qualche altro istante negli occhi, poi molla la presa. Quindi, rivolta ad una Romany sul cui volto spicca un sorrisetto ironico:

“Uomini… bisogna sempre ricordargli qual è il loro posto…”

 

3.

Contatto!

 

Una serata a villa Shaw: frames.

 

09.27 P.M.

Fonte: telecamera di sorveglianza N° 12.

Oggetto: Charlotte Jones, nei panni del Ministro degli Esteri del Wakanda Cameron Marana entra dall’ingresso principale a braccetto della sua guardia del corpo Hunter, altresì conosciuto come Lupo Bianco.

 

10.12 P.M.

Fonte: occhio di un cameriere, il quale forse non è quello che sembra.

Oggetto: Lee Forrester, in un morbido e generosamente scollato abito bianco da sera, sorseggia uno Chardonney a braccetto del deputato inglese William Murray, che sta discutendo di politica internazionale con un futuro premier arabo.

 

10.53 P.M.

Fonte: occhio di un gabbiano in volo sulla scogliera.

Oggetto: Jessica Drew sta scalando a mani nude una ripida rupe. Il vestito di pelle nera la fa confondere tra le tenebre.

 

11.37 P.M.

Fonte: occhio dell’arcivescovo italiano Angelo Di Carlo. Dettaglio.

Oggetto: Charlotte Jones e Lee Forrester si incrociano per un attimo. I piccoli orecchini dalla foggia di una perla nera che indossano sono identici.

 

11.45 P.M.

Fonte: telecamera di sorveglianza N° 23. Particolare ingrandito del 350%.

Oggetto: sulla finestra in alto a sinistra si scorgono per un istante i capelli e gli occhi di Jessica Drew.

 

12.00 P.M.

Shinobi Shaw sale sul palco. Alla sua destra, un uomo (sebbene il trucco pesante su occhi, zigomi e labbra faccia credere altrimenti) alto e magro, dalla pelle azzurra e con una cascata di riccioli biondi sulle spalle.

“Signori e signore.” esordisce Shinobi “Innanzitutto vi ringrazio per essere tutti qui stasera. So che non deve essere stato molto facile arrivare qui in totale segretezza e soprattutto fidarvi della parola di uno sconosciuto, ma prometto che non ve ne pentirete. Come già sapete, il motivo per cui siete qui è legato al problema mutante, che dopo il colpo di stato di Magneto sull’isola di Genosha è attuale come non mai. Non credo ci sia bisogno di ribadire che non si tratta di semplice intolleranza razziale. Qui si parla di uomini e donne qualsiasi che da un giorno all’altro potrebbero sviluppare poteri in grado di demolire una città. E nessun governo ha mai garantito una tutela sufficiente a prevenire o perfino bloccare questo genere di minacce. Finora…”

Le tende rosse dietro di lui si aprono, scoprendo un grande macchinario con una poltrona al centro.

“Questa è Remedy. Una macchina capace di realizzare qualcosa che fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Il suo compito infatti, è rimuovere il gene X dal DNA mutante, rendendo un soggetto mutato, e quindi a rischio, completamente umano.”

Un vocio si fa largo all’interno della sala. Le facce dei vari funzionari sembrano più perplesse che convinte. Shinobi si gode per qualche istante il loro smarrimento, poi:

“Vedrete con i vostri stessi occhi come funziona. Fate entrare la cavia!”

Due uomini grossi e muscolosi entrano nella stanza stringendo tra le braccia una ragazza, anche se questo non è il termine più appropriato. La sua pelle infatti è coperta da un sottile strato di pelo marrone, mentre le dita di mani e piedi finiscono in artigli affilati. A completare il tutto un’espressione ferina sul viso, su cui spicca una bocca ringhiante e dagli affilati canini.

“Lucia Callasantos. Ventun anni. Ex membro della Confraternita dei Mutanti Malvagi con lo pseudonimo di Thornn, e in seguito assicurata alla giustizia americana. Mutante. Come vedete voi stessi, sin da quando aveva dieci anni è dotata di queste caratteristiche feline, comprensive di pelo diffuso in tutto il corpo, artigli, denti affilati e coda. Bene, stasera tutto questo cambierà. Mettetela sulla sedia.”

I due energumeni sistemano, non senza qualche difficoltà, Thornn sulla sedia del macchinario, e le legano polsi, vita, caviglie e collo in modo tale da impedirle qualsiasi movimento. Quindi cominciano a collegarle sul corpo diversi tubi mentre lei inutilmente si dimena e soffia come un gatto preso in trappola. Infine i due si voltano verso Shinobi, che annuisce leggermente e preme il pulsante di un telecomando. Una luce intensa parte dal palco per avvolgere tutta la sala. I più sensibili si riparano gli occhi, mentre gli altri osservano tutta la scena. Vedono gli artigli ritrarsi, il pelo cadere a ciocche, la coda atrofizzarsi. Alla fine non è più la felina Thornn a guardarli esausta dalla sedia del macchinario, ma una Lucia Callasantos umana come non mai.

Tutti nella sala sono ammutoliti.

“Avete visto tutti con i vostri occhi. Remedy ha trasformato la pericolosa Thornn in una normalissima umana facile da trattare e rinchiudere. E non è tutto qui. Collegata ad un sistema satellitare, potrebbe sistemare il genoma di qualsiasi mutante sulla faccia della Terra. Pensateci. Niente più Genosha, niente più Sentinelle, niente più diffidenza, niente più razzismo. Un mondo corretto dalle imperfezioni genetiche.

Un mondo puro.”

 

                                                                                                                                                                                           Continua… 

                        

Note:

[1] vi ricorda qualcosa? X Force Counter X per esempio?

[2] ovvero la x woman Kitty Pride, sua compagna ai tempi di Excalibur e con cui ha avuto una storia.

[3]  la rivelazione sul fatto che Lindsay McCabe ha una figlia è stata fatta su Lethal Honey 7 MarvelIT.

 

Note dell’autore:

Sì, lo so che avevo promesso una storia con protagoniste Sharon Carter e Carol Danvers, ma per esigenze di continuity ho preferito anticipare questa storyline (vi accorgerete del motivo nel prossimo numero). Inoltre, sempre per motivi di continuity, ho dovuto sostituire all’ultimo secondo Lee Forrester alla prima donna scelta per il ruolo, ovvero Valerie Cooper, ma forse questo è un bene. Valerie infatti è molto conosciuta, e di certo non si sarebbe potuta infiltrare alla festa come ha fatto Lee. Per il resto ho riempito questo primo numero di citazioncine cinematografiche. Un non premio a chi le individua tutte e capisce a quale film (e non solo) sono legate (andiamo, almeno questo non è difficile!).

Per commenti, suggerimenti o insulti l’indirizzo è: gambittolo@hotmail.com

 

Nel prossimo numero: la situazione precipita mentre nuovi personaggi ed avversari entrano in gioco, comprese un paio di mutanti che da troppo tempo non si vedevano su MarvelIT!